Incontro con il monaco buddista M° Mitsutaka Koso. Igea Marina (RN) – 28.08.2007
(in Karate Do n. 9 gen-feb-mar 2008)
Traduzione M° Shuhei Matsuyama e Michele Gambolò.
La lezione del M° Koso dell’agosto 2007 inizia per tutti noi partecipanti con il saluto.
La nostra Federazione ha come tutti sanno il motto: “Karate no shugyo wa issho de aru” ovvero “Il Karate si pratica tutta la vita”. E il M° Koso per spiegare il significato di shugyo (la pratica) ha voluto utilizzare come esempio la vita di Buddha. Buddha, per raggiungere lo stato mentale di tranquillità e illuminazione, ha dovuto agire contestualmente sul suo corpo e sulla sua mente. La stessa parola Buddha significa “uomo illuminato”.
Qualcuno, un po’ ignorante, si sofferma sull’esistenza delle cose che ha davanti a sé, i saggi vanno oltre.
Buddha ha cominciato la sua esperienza lavorando sull’aspetto fisico del suo corpo con una serie di prove quali, ad esempio, il digiuno prolungato, il camminare notte e giorno senza dormire, la pratica yoga e altro… tutto questo senza mai ottenere quanto ricercato. Dopo diversi anni di ricerca in tal senso, Buddha arriva a comprendere che è fondamentale approfondire la ricerca anche sotto l’aspetto della mente. L’esasperazione dell’allenamento fisico l’aveva portato all’esaurimento delle forze e delle energie, con la consapevolezza di non avere ottenuto le risposte cercate. Egli arriva quindi a decidere di scendere dal suo eremo verso valle. Qui incontra una giovane ragazza che gli offre un pasto di riso e latte; Buddha accetta l’invito e, passati alcuni giorni da questo evento, la conduzione di una vita senza privazioni gli fa ritrovare l’energia vitale. Successivamente, abbandonate le dure prove fisiche, si concede un bagno purificatore nel fiume e la meditazione sotto un albero di tiglio. Trascorsi altri giorni, il nuovo modo di vivere gli permette di avere la serenità mentale e la forza psichica per arrivare all’illuminazione (satori).
Le 4 Nobili Verità
1-La Verità della Sofferenza
Questo è un mondo pieno di dolore, la nascita è dolore. La vecchiaia, la malattia, la morte, sono dolore. La separazione da ciò che piace è dolore. Il non ottenere ciò che si desidera è dolore. La condizione umana, così incline all’attaccamento, all’esistenza, provoca dolore.
2-La Verità dell’Origine della Sofferenza
Qual è la verità circa l’origine della sofferenza? È il desiderio che conduce alla rinascita, a sua volta collegata alla ricerca di piacere e della prosperità. La sete è nella ricerca della sensualità della nuova vita, della non esistenza e della non permanenza, dell’annichilimento.
3-La Verità della Liberazione
Qual è la verità circa l’eliminazione della sofferenza? È l’indifferenza, è l’eliminazione della sete; la liberazione è il distacco da essa.
4-La Verità della Realizzazione
Qual è la verità della via che conduce all’eliminazione del dolore? Soltanto l’augusto ottuplice sentiero conduce all’eliminazione del dolore (hasshodo).
Retta fede-Retta decisione
Retta parola-Retta azione
Retta vita-Retto sforzo
Retto ricordo-Retta concentrazione
Buddha consiglia di essere netto, deciso, perentorio per arrivare all’obiettivo prefisso: la verità.
Il concetto di chu do (la via centrale, il cammino equidistante dagli estremi) può essere acquisito praticando gli 8 principi dell’hasshodo.
Tutte le cose sono legate da un rapporto causa-effetto (en). En significa “origine condizionata”. Ogni aspetto della vita umana è condizionato dall’influenza o dallo stato delle cose precedenti. Nulla esiste in forma isolata, ogni cosa diventa tale in funzione di qualcos’altro e quindi passa. Buddha conclude che la sofferenza è il risultato delle azioni del passato.
Qualcuno, un po’ ignorante, si sofferma sull’esistenza delle cose che ha davanti a sé, i saggi vanno oltre.
Un tronco galleggia sul fiume e va dalla montagna fino al mare. Per arrivare in fondo al suo percorso non deve deviare a destra o a sinistra per arenarsi a riva, non deve affondare, non si deve fare afferrare dalla gente, non deve essere inghiottito dai vortici e non deve marcire al suo interno. Allo stesso modo la persona, che vuole camminare in maniera retta per tutta la vita, deve tenere un percorso evitando le situazioni estreme che possono interrompere il cammino fluido e certo.
Un secondo esempio trasmesso da Buddha ai suoi discepoli, racconta di un uomo che durante un lungo viaggio si trova davanti a un grosso fiume da attraversare. Egli vede che dall’altra parte la vita è più tranquilla e quindi costruisce una zattera per proseguire il suo cammino. In questo modo attraversa agevolmente le acque impetuose, raggiungendo l’altra riva. A questo punto sente gratitudine per la zattera, non se ne vuole separare e decide di portarla sulle spalle. Ma Buddha interviene dicendo che ciò non può essere!
Questo esempio dimostra come una cosa giusta in quello specifico momento, potrebbe non esserlo successivamente e quindi l’uomo deve abbandonare ciò che gli ha permesso di superare una grossa difficoltà, perché il peso della zattera diventerebbe un ostacolo al prosieguo del suo cammino.
Buddha consiglia di essere netto, deciso, perentorio per arrivare all’obiettivo prefisso: la verità.
All’età di ottanta anni, prima di morire, le ultime parole di Buddha a un suo discepolo di nome Ananda sono: “… non soffrire Ananda, avevo detto un giorno che nella natura delle cose che si devono lasciare ci sono coloro che ci sono cari. Tutto ciò che nasce contiene la propria fine. Voi dovete essere la lampada di voi stessi”.
A tutti gli altri discepoli dice: “… ascoltate tutti cosa vi dico: tutte le cose create sono soggette a perire. Lottate senza tregua!”.
Il M° Koso conclude dicendo che se il racconto che ha fatto può aiutare il vostro cammino verso l’obiettivo della pratica del karate per tutta la vita, allora lui sarebbe molto felice.
Cerchiamo di andare tutti insieme avanti nel miglioramento.
Gassho, M° Mitsutaka Koso.